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La vera storia dietro Room: il racconto che ha ispirato il film con Brie Larson

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Room è un film del 2015 che cattura l’attenzione con una trama intensa e drammatica. Basato su un romanzo di Emma Donoghue e diretto da Lenny Abrahamson, il film segue la storia di una giovane madre, Joy Newsome, interpretata magistralmente da Brie Larson, e suo figlio Jack, interpretato da Jacob Tremblay. Questa pellicola, sebbene non rappresenti una storia vera, trae spunto da eventi reali simili, come la vicenda di Elisabeth Fritzl.

una realtà ispirata alla storia di Elisabeth Fritzl

Il significato di Room si amplifica conoscendo il caso di Elisabeth Fritzl, prigioniera per 24 anni nella cantina di suo padre. Negli anni ’70, Josef Fritzl costruì un rifugio di cemento sotto la propria abitazione in Austria, approfittando delle condizioni socio-politiche dell’epoca. Questa stanza divenne il luogo di reclusione della figlia Elisabeth, a partire dal 1984, quando venne ingannata e intrappolata al suo interno.

una prigionia agghiacciante

La situazione in cui si trovava la vera Elisabeth era opprimente: privazioni, catene e abusi continui facevano parte della sua vita quotidiana. Proprio come Joy in Room, Elisabeth ebbe dei figli dal suo aguzzino. Nel caso reale, Elisabeth diede alla luce sette bambini, condiicendoli tra stenti incredibili, in una stanza fredda, umida e infestata da topi. Analogamente, il film mostra le difficoltà vissute da Joy e Jack prima di tentare una fuga.

le analogie fra la storia di joy e quella reale

Nella storia raccontata in Room, Joy riesce a elaborare un piano di fuga molto rischioso, simulando la morte di Jack. Anche la reale Elisabeth Fritzl ottenne libertà grazie a una situazione di emergenza: salvare sua figlia Kerstin gravemente ammalata. Alla fine, l’arresto di Josef Fritzl nel 2009 ha messo fine alla terribile vicenda familiare, che segna delle similitudini con il destino del rapitore nel film.

una fonte d’ispirazione per Emma Donoghue

Mentre il film descrive il tentativo di adattamento alla vita esterna di Joy e Jack, nelle ricerche per il suo romanzo, Emma Donoghue si è ispirata ad altri casi di bambini tenuti prigionieri e abusati, intessendo una narrativa che, anche nella finzione, rispecchia tristemente episodi di dolore e sofferenza, ma anche di resilienza e speranza.

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